... intersecando le influenze spirituali asiatiche con l'alone misterico che da sempre avvolge la scomparsa cultura etrusca – Beck ricrea la propria visione dell’habitat del popolo arrivato dal mare. Colpito profondamente dalle imponenti statue etrusche riportate alla luce negli anni settanta e oggi esposte nel Museo etrusco di Murlo, nei pressi di Siena, statue che indossano cappelli identici per forma a quelli dei carreteros messicani (ma anche di alcune antiche statue funerarie cinesi), con gli occhi modellati secondo i canoni delle maschere tribali africane e lunghe barbe in puro stile babilonese, l’Artista percepisce che questi reperti, veri "archetipi del metticcio" possono essere la punta di un iceberg molto più imponente e si getta in un estenuante lavoro di ricerca. Alla fine la sua intuizione lo porta sulle tracce di una antico insediamento etrusco e di una cultura autoctona che Beck, per distinguerla dalle ipotesi storiche ormai note, rinomina Etruvia. Ben presto i suoi sforzi portano i primi frutti (il poliedrico Beck ha appreso anni fa il lavoro di archeologo direttamente sul campo, partecipando agli scavi nella zona di Samarcanda e Khiva in Uzbekistan) e antichi muretti e cavità sotterranee tra sperdute campagne toscane ignorate dal turismo cominciano a restituire tesori custoditi per millenni. E così che Beck annuncia nella tarda primavera del 2007 il ritrovamento di un’imponente quantità di frammenti manoscritti e disegni denominato più tardi "il tesoro Etruviano" e si mette a restaurare e riportare alla luce le parti meno violate da tempo e intemperie. Ben presto realizzerà che in mezzo a materiale ampiamente eterogeneo, sia per l’incomprensibilità linguistica (non dimentichiamo che la scrittura di questo popolo rimane fino a oggi indecifrata), sia per la moltitudine di contenuti artistici appartenenti a tutti i livelli espressivi, si distingue per chiarezza del linguaggio visivo e compattezza stilistica un gruppo di opere di cui alcune recano traccia di un’identica sigla artigianale. In questo modo Beck giunge, attraverso un lavoro minuzioso, a identificare e isolare una fonte di arte antica finora sconosciuta attribuibile a un autore (o al massimo alla sua bottega) che chiamerà Anonimo Etruviano.

L'esposizione dedicata esclusivamente alle opere dell’Anonimo Etruviano, ritrovate, ricomposte e restaurate da Marwin Beck offre all’interno del prestigioso spazio del LifeGate Cafè che lo a ospita, uno sguardo affascinante del passato che per tanto tempo è stato ammantato d’oblio. Beck ci riconduce nel cuore dell'antica Etruvia, popolata da gente dedita a pesca e giardinaggio, ci offre sguardi avvolgenti e intensi, pieni di singolare nostalgia per il loro mondo scomparso sullo sfondo del suadente scenario collinare toscano. I gesti e le posture carichi di traboccante emotività interiore, quasi barocchi e di chiara matrice mediterranea, con lucida semplicità e tagliente abilità preannunciano ciò che riemergerà secoli dopo nelle miriadi di influenze piccole o evidenti prestiti compositivi, tematici o strutturali, sia nell’epoca della pittura classica sia, e questo ormai è più che evidente confrontandoci con gli straordinari esempi portati alla luce da Beck, nell'epoca del modernismo antiaccademico dell’inizio del XX sec.
Un’ampia sezione di opere esposte è dedicata a fauna e flora etruviana, in cui domina la serie ittografica e aviografica che ci sorprende e affascina non solo per l'antica maestria della dettagliata esecuzione, ma anche per le sue implicazioni scientifiche, dato che pare preannunciare a distanza di secoli, ciò che soltanto l'epoca moderna, l'Illuminismo e enciclopedismo europeo renderanno possibile – ovvero la classificazione e scientifica osservazione nel dettaglio delle specie viventi, dimostrando anche in questo campo come la cultura etruviana fu una grande precorritrice delle basi su cui poggia la nostra stessa civiltà.

(testo a cura di Cristina Bongiorno)